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  • SE UN POMERIGGIO D'INVERNO IN UN DEHOR

    13/11/2015 Autore: Grazia Moretti
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    Mettiamo un giorno di inizio dicembre. Facciamo le cinque del pomeriggio, quando è ormai già buio. La notte lentamente si avvicina, ma la città è sempre in movimento, i tram passano con la solita e rassicurante frequenza, le vetrine dei negozi sono tutte illuminate.

    Siete appena usciti dall'ufficio o avete preso i vostri bambini a scuola oppure vi siete dati appuntamento con il vostro più caro amico o amica per bere un caffè. Fa freddo, forse siete anche un po' stanchi. Eppure, prima di tornare a casa, l’idea di fare due passi non vi dispiace affatto. Anzi. Sarà l'atmosfera  pre-natalizia, sarà la voglia di godere del  brusio dei passanti, dei suoni e profumi familiari della città, dei primi addobbi e luci colorate che ti accompagnano lungo le strade.
    E mettiamo che, sulla via del ritorno, incrociate un dehor. Sì, uno di quegli “spazi” all’aperto, quasi appoggiati, esternamente ad un bistrot, un bar o un ristorante. Esatto, proprio quello. Un luogo, più che uno spazio.

    I dehors sono quelle strutture esterne che si possono trovare nelle piazze, lungo i portici, nelle aree pedonali, in centro o in periferia. Una specie di gazebo, più o meno riparato e più strutturato. Un luogo che, con le sue pedane di legno, le stufe ad irraggiamento, i tavolini, le sedie o le più confortevoli poltroncine, sa molto di cioccolata calda da gustare assieme ad una persona a cui volete bene. O semplicemente qualcuno o qualcuna con cui vi piace chiacchierare. Scambiare idee sul libro che avete sul comodino, sul tasso di interesse del mutuo che vi hanno proposto, sulla pasta al forno di mamma che come lei nessuno mai, del film visto al cinema la sera prima. Insomma, se è vero che l’abito non fa il monaco, il dehor fa molto ristoro, tepore e intimità.

    I dehors nascono come rifugio temporaneo per gli avventori della stagione invernale e sono caratterizzati da elementi smontabili o comunque facilmente removibili, ma spesso si trasformano in estensioni permanenti dei locali e, a volte, da luoghi stagionali diventano veri complementi d’arredo permanenti di un quartiere.

    Ma perché “dehor”? Che cosa significa?
    Dehor è un termine francese che può essere utilizzato sia come avverbio che come sostantivo. Utilizzato come sostantivo, preceduto dall’articolo determinativo maschile, significa, appunto, “il di fuori”. Quel “di fuori” che si presenta in vari modi: con o senza ombrelloni, pedane, fioriere, coperture fisse.
    Nella nostra lingua, ad eccezione delle zone dove l’incidenza dei prestiti francesi è più evidente, è un termine che appartiene perlopiù all’ambito specialistico dell’architettura e dell’urbanistica. Non capita  tutti i giorni che  il vostro collega vi chieda di prendere una tazza di the in un dehor. Eppure, risalendo all'etimologia, si scopre essere un termine familiare anche per tutti noi.  
    Come l’italiano, il francese è una delle diverse lingue romanze con una radice comune. Il termine “dehor” deriva dal latino  de foris che, nell’evoluzione linguistica diventerà prima defors e infine dehors. Come il "de' fora" dei romani, per intenderci.
    Quel "di fuori" che quando ci passi davanti ti fa venir voglia di entrare e sederti al caldo con i tuoi pensieri, la stanchezza della giornata da addomesticare e un buon libro da leggere.

    I dehor più belli di Milano? Lo scopriremo nella prossima puntata.

     

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